Post del 11/07/2016
La finale dell’Europeo di calcio nell’edizione meno spettacolare della storia viene decisa al 24esimo del primo tempo quando Cristiano Ronaldo, emblema del calcio portoghese, e’ costretto ad abbandonare il terreno di gioco. Un’entrata scomposta e cattiva di Payet lo ha messo fuori causa una decina di minuti prima.
Cristiano e’ bello come il sole, e’ uno dei calciatori più forti di tutti i tempi, ha già vinto tre Palloni d’Oro nella sua fortunata e meritata carriera, ha segnato valanghe di goal nelle squadre in cui ha militato e continua a segnarne nel Real Madrid. Dalla vita ha avuto tanto, tutto, soldi, gloria e non ultimo una serie di fidanzate da far girare la testa. E’ un dio, ma adesso piange. Lacrime amare e disperate gli solcano il viso, la finale, la sua finale, potrà vederla solo dalla panchina. Prova a restare in campo, stringe i denti, ma il dolore è troppo violento, non ce la fa, deve uscire.
Da quel momento inizia a prendere forma la favola del Portogallo, perché gli dei del calcio decidono di schierarsi con Cristiano, con quel dio appena caduto ad opera di un comune mortale.
La gara si trascina fino ai supplementari, e quando ormai i rigori iniziano a palesarsi come l’unica alternativa possibile per assegnare la coppa, tale Eder nativo della Guinea e naturalizzato portoghese, manda in frantumi a pochi minuti dalla fine il sogno transalpino di bissare il successo casalingo di Le Roi Michel datato 1984.
Favole di calcio lusitane, incubi da erre moscia.
Les jeux sont faits, rien ne va plus.