Ci sono notti e notti.
Quelle ordinarie che ci separano dalla noiosa routine quotidiana, e quelle speciali, per un verso o per un altro. C’è quella famosa, quella “prima degli esami”, densa di angoscia e inquietudine; c’è quella speciale e suggestiva di Natale vissuta con ansia e trepidazione dai bambini fortunati in attesa dei regali che troveranno il giorno successivo sotto l’albero addobbato a festa. Ci sono le notti tragiche, come quella che ha sconvolto il tranquillo riposo degli abitanti di Amatrice e Accumoli, e quelle magiche, che scandirono con le parole di Edoardo Bennato e Gianna Nannini gli indimenticabili campionati Mondiali di calcio in Italia del 1990. E come non ricordare, a proposito di canzoni, le “Certe notti” di Ligabue, quelle in cui “sei solo più allegro, più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi…”, quando le pazzie con gli amici ti fanno convincere di essere immortale e onnipotente.
Come dico spesso, amo la notte più del giorno, per quell’alone di mistero e di sospensione della realtà che porta in dote. Ma c’è una notte che si iscrive di diritto tra quelle in assoluto più devastanti: è la notte che precede il rientro al lavoro dopo un prolungato periodo di ferie. Nonostante passino gli anni, continua a rappresentare per me una vera tragedia. Mi assale l’insonnia, di colpo mi si palesa l’elenco puntuale di tutte le attività che avrei potuto esercitare e che ho disatteso, la lista di incombenze casalinghe più o meno improcrastinabili alle quali per pigrizia non ho adempiuto nella fase di assenza dal lavoro. Il peso di tali “urgenze” declina inevitabilmente in tristezza diffusa e depressione latente, la mente vaga senza controllo fino a ragionare in maniera fatalista sull’incedere del tempo, sugli anni che inesorabilmente scivolano via troppo velocemente, sull’incompiutezza delle nostre esistenze e sull’inadeguatezza dei nostri comportamenti. Volgi lo sguardo verso la radiosveglia posizionata sul comodino, il display digitale lampeggiante di rosso segna le 3 e 40. Provi a pensare ad altro, cerchi un appiglio che possa distrarti e nel contempo favorire il sonno.
Allora in tuo soccorso ti convinci che l’ultima trovata della ministra della salute Lorenzin del Governo Renzi, di istituire per il prossimo 22 settembre il Fertility Day allo scopo di sensibilizzare le nascite e la procreazione nel nostro Paese, sia davvero geniale e possa effettivamente rappresentare la chiave di volta per favorire la ripresa economica e il rilancio. E poco importa, come già da più parti sottolineato, che non esistano le strutture pubbliche e gratuite per supportare le famiglie che dovranno allevare i nuovi pargoli, poco importa se salari e stipendi e, soprattutto, disoccupazione giovanile di massa, non forniscano le risorse economiche necessarie per garantire presente e futuro ai nuovi arrivati. Del tutto trascurabile se tanti piccoli oggi riescono a mantenersi (cibo, abbigliamento, studi) solo grazie alle pensioni (non sempre adeguate) dei nonni. Dettagli. Nella mia notte insonne pensavo che dopo il 22 settembre tante notti saranno caratterizzate dal Fertility Day, e che anzi bisognerebbe istituire per decreto quattro Fertility Night, uno a settimana per ogni mese. E per garantire che tutto si svolga secondo programmi, approntare un sistema di monitoraggio a distanza, una sorta di telecontrollo puntuale. Con tanto di sanzioni nel caso qualche coppia decidesse di non procreare, magari a causa di un improvviso colpo di sonno di uno dei coniugi. Certo, non sarebbe il caso di arrivare alla reintroduzione della pena capitale seguendo l’esempio del leader nord-coreano Kim Jong-un, che sembrerebbe non c’abbia pensato due volte a spedire davanti al plotone d’esecuzione il suo vice, colpevole di essersi lasciato sopraffare dal sonno nel bel mezzo di una riunione. Si potrebbe al più pensare a sanzioni meno drastiche, sul genere delle ispezioni a sorpresa come quella dello sceicco di Dubai che qualche giorno fa non ha esitato a licenziare in tronco nove dirigenti assenteisti colpevoli di non adempiere in orario di lavoro ai propri doveri professionali. Nel nostro caso, trattandosi di doveri coniugali e prossimamente anche governativi, il sollevamento dall’incarico del coniuge inadempiente potrebbe rappresentare un ottimo deterrente…o forse no…
Credo di essermi addormentato intorno alle 4 e 20, poco procreativo ma oltremodo soddisfatto per aver contribuito in prospettiva, nel mio piccolo, al perfezionamento della soluzione adottata dal ministro.
Andate e moltiplicatevi.