A dimostrazione e conferma che nel campionato italiano al cospetto della Juve non si “scansa” nessuno, i bianconeri, pur dominando, soffrono e vincono di misura in casa di un coriaceo Chievo Verona, al termine di una gara combattuta e tutt’altro che scontata.
La sfida del Bentegodi inizia subito in salita per la formazione bianconera. Allegri opta in partenza per una formazione forzatamente sperimentale a causa degli infortuni che tengono lontano dal campo i vari Dybala, Chiellini e Pjaca, l’acciaccato Bonucci e l’affaticato Khedira, ma il 3-5-2 iniziale resiste poco più di un giro d’orologio: dopo appena un minuto, infatti, Barzagli cade male, si infortuna alla spalla ed è costretto ad abbandonare, tra gli applausi anche dei suoi ex tifosi, il terreno di gioco. Lo sostituisce Bonucci, in precarie condizioni atletiche tanto da essere stato, alla vigilia, in dubbio persino sulla convocazione alla gara. La Juve si schiera con un 4-4-2 atipico e variabile, con Liechtsteiner, Bonucci, Benatia e Alex Sandro davanti a Buffon, Hernanes in cabina di regia affiancato da Pjanic, Sturaro e Cuadrado a centrocampo, e davanti il tandem composto da Mandzukic e Higuain. Modulo variabile perché Alex Sandro si ritrova spesso sulla linea della mediana a stantuffare sulla fascia sinistra di pertinenza, e Liechsteiner si alterna con Cuadrado nel dare consistenza alla doppia fase di spinta e ripiegamento sulla fascia opposta.
Il primo tempo si chiude senza reti, nonostante un paio di buone occasioni confezionate da Mandzukic e dal Pipita, i quali tuttavia non trovano la zampata vincente per sbloccare il risultato. Rispetto alla gara di Champions con il Lione, la Juve mostra una cattiveria maggiore e una migliore capacità di gestione della palla, nonostante alcune pecche che restano evidenti, tra cui l’isolamento del Pipita in avanti e la difficoltà di Pjanic nel trovare la giusta posizione tra la mediana e l’attacco. Nella seconda frazione, un indomabile Mandzukic, per distacco il migliore in campo, porta in vantaggio i bianconeri dopo otto minuti, liberandosi in area su invito di Cuadrado e infilando un rasoterra che non lascia scampo a Sorrentino. La gara si conferma spigolosa, come testimoniano i tanti cartellini gialli dispensati dall’arbitro di turno; il Chievo, incassato il goal, prova a giocarsi la carta Pellissier e, intorno al 20esimo, raggiunge il pareggio in virtù di un calcio di rigore accordato in seguito a una spinta in area ad opera di Liechtsteiner, dopo che un paio di minuti prima Buffon (alla 600esima partita in serie A) era riuscito miracolosamente ad opporsi su un tiro da distanza ravvicinata di un giocatore scaligero. Dagli undici metri Pellissier spiazza il numero uno azzurro e riporta la sfida in parità.
A quel punto, sembra riproporsi la stessa situazione di mercoledì contro il Lione, ma la Juve non può permettersi di pareggiare la seconda partita consecutiva e si riversa in avanti alla ricerca del goal vittoria. La rete del definitivo 2 a 1 la confeziona Pjanic, fino a quel momento quasi anonimo, trasformando magistralmente un calcio di punizione dal limite a scavalcare la barriera. Raggiunto il vantaggio, Allegri leva dal campo un poco incisivo Higuain inserendo Evra, e uno stanco Liechtsteiner sostituito da Dani Alves, disegnando una sorta di 5-4-1 con l’intenzione di irrobustire la fase difensiva e sfruttare in modo più devastante la capacità di Cuadrado di saltare l’uomo e sfruttare gli spazi che il Chievo, alla ricerca del pareggio, avrebbe concesso. In sostanza, lo stesso piano tattico pensato e praticato contro il Lione, con l’unica differenza che in Champions non aveva prodotto i risultati sperati.
Dalle sostituzioni in avanti, la sfida di Verona diventa un monologo bianconero: la Juve avrebbe la possibilità di arrotondare il punteggio prima con Sturaro, che da ottima posizione spara alto sulla traversa, poi con Cuadrado che dopo essersi bevuto l’intera retroguardia del Chievo spreca calciando a pochi centimetri dal palo, e infine di nuovo con Pjanic e ancora su calcio di punizione, solo che stavolta Sorrentino si supera e sventa in calcio d’angolo un pallone destinato all’incrocio. Il bosniaco conferma tutte le sue straordinarie doti balistiche, frutto degli insegnamenti dello specialista Juninho Pernambucano all’epoca della militanza comune proprio nelle file dell’Olympique Lione.
Nelle riflessioni post partita, emerge un gioco ancora poco fluido, Pjanic non perfettamente integrato nella manovra, Higuain troppo isolato in attacco e non pienamente valorizzato come terminale offensivo, fraseggio a centrocampo discontinuo e farraginoso. Di contro va evidenziata una buona intensità nella condotta di gara, uno spirito combattivo che ha in Mandzukic l’interprete migliore, una cattiveria agonistica protesa sempre al raggiungimento del risultato pieno e una capacità di soffrire anche contro formazioni che interpretano la gara prediligendo la fisicità e la lotta. Per ciò che ancora non va, c’è tutto il tempo per migliorare e raggiungere gli standards di gioco abituali.
Intanto, con i tre punti conquistati al Bentegodi, la Juve conserva il primo posto in classifica mantenendo cinque lunghezze di distanze dal Milan, otto dalla Lazio e dalla sorprendente Atalanta e ben nove dal Napoli, aspettando l’esito del confronto tra Roma e Bologna, previsto in serata all’Olimpico. Domenica prossima il campionato osserverà la prevista sosta per gli impegni delle Nazionali: appuntamento al 19 novembre, quando allo Stadium sarà di scena la neopromossa Pescara, e agli altri impegni che tra Champions, campionato e Supercoppa Italiana ci accompagneranno fino al Natale.
FINO ALLA FINE!!!!! FORZA JUVE!!!!!