Pirlo 2014, Cuadrado 2015, Higuain 2017. Storie di derby risolti all’ultimo minuto, una costante negli ultimi anni. Con la differenza che nei primi due casi, le reti bianconere coincisero con la conquista dei tre punti, mentre stasera il guizzo del Pipita nei minuti di recupero ha riequilibrato un risultato che vedeva i Campioni d’Italia allo Stadium sotto di un goal. Se confesso che le mie sensazioni del pre-partita fossero esattamente queste, cioè quelle di un derby risolto in extremis, vengo creduto? Vi assicuro che è proprio così!!!
Diciamolo subito: il punto strappato contro un Toro gagliardo vale oro per quanto pesa. Perché non perdere mantiene alta l’autostima, perché pareggiare al fotofinish restituisce sempre una euforica sensazione di scampato pericolo, perché in chiave volata-scudetto assume significativa rilevanza mantenere a debito distacco le più dirette inseguitrici. Il secondo pareggio di fila in campionato, dopo il 2 a 2 di Bergamo con l’Atalanta, interrompe a 33 la serie di successi consecutivi allo Stadium e rinvia di un’altra domenica la potenziale conquista del sesto scudetto consecutivo, dato che la vittoria pomeridiana del Napoli ha permesso ai ragazzi di Sarri di scavalcare momentaneamente la Roma al secondo posto accorciando le distanze dalla Juve capolista a 8 punti con tre giornate ancora da disputare. Detto ciò, i bianconeri, reduci dall’adrenalinico exploit di Monte Carlo, affrontano la sfida stracittadina con il Toro applicando un robusto turnover: Allegri, pur non rinunciando al 4-2-3-1, lascia inizialmente a riposo gran parte dei titolari tra cui Buffon, Chiellini, Dani Alves, Alex Sandro Pjanic e Higuain, preservati in vista della semifinale di ritorno contro i monegaschi di martedì prossimo allo Stadium. Per cui, Neto in porta, Lichtsteiner e Asamoah esterni con Bonucci e Benatia a comporre il quartetto di difesa, linea di mediana muscolare con Khedira e Rincon, reparto offensivo allestito con Cuadrado a destra, Dybala in mezzo e Sturaro a sinistra, dietro a Mandzukic di punta, riportato per una notte nel ruolo ricoperto in tutta la sua onorata carriera.
Scelte condivisibili nell’ottica della gestione delle risorse fisiche e mentali, e quindi dettate dall’esigenza di evitare un sovraccarico di minuti giocati nelle gambe di quei titolari che saranno chiamati a fornire il proprio determinante contributo nei prossimi decisivi impegni stagionali. Va da sé che in assenza a centrocampo di elementi come Pjanic e Marchisio in grado di gestire la manovra e dettare i tempi di gioco, lo sviluppo della trama ne risenta in fase di fraseggio per vie centrali e nello sfogo sulle corsie esterne, dove Cuadrado fa fatica a riproporsi sui livelli abituali e Sturaro si impegna per quel che può garantendo agonismo e fisicità ma, per proprie caratteristiche, scontando un deficit di tecnica individuale. Cosicché tocca ancora a Dybala il compito di accendere il gioco, appoggiandosi in prevalenza negli uno-due con Mandzukic nel tentativo di scardinare l’ottima organizzazione tattica del Toro, schierato in campo in maniera speculare e abile nell’aggredire alto e nel chiudere gli spazi grazie ad un lavoro incessante di pressing e di raddoppio sul portatore di palla. Nonostante le difficoltà insite nella sfida e accresciute dalla manovra poco fluida, i bianconeri sfiorano il vantaggio in due circostanze scaturite dalla stessa azione nel corso del primo tempo, quando la traversa respinge un bel colpo di testa di Benatia e sulla ribattuta l’intervento miracoloso di Molinaro impedisce a Bonucci di centrare lo specchio della porta da posizione più che favorevole.
Concluso il primo tempo a reti inviolate, nella ripresa i granata sbloccano il risultato dopo sette minuti, grazie ad una splendida punizione magistralmente calciata da Ljajic che si insacca nel sette alla destra di Neto. Nemmeno il tempo di festeggiare che il Torino si ritrova in inferiorità numerica a causa della contestata espulsione per somma di gialli di Acquah, reo di un intervento ruvido su Mandzukic. Sotto di un goal e con l’uomo in più, Allegri manda in campo l’artiglieria pesante: Higuain al posto di Sturaro, Pjanic in luogo di Rincon e Alex Sandro in sostituzione di Dybala, nel tentativo di rimettere in equilibrio il risultato. Cosa che, nonostante alcune buone occasioni capitate sui piedi di Khedira, Mandzukic e Asamoah, non riesce fino al 92esimo quando il Pipita, da posizione centrale al limite dell’area, lascia partire il rasoterra che fissa il risultato sull’1 a 1 e ripropone l’incubo di frustrazione da minuti finali del Toro. Come in un film già visto, quando tutto sembrava ormai perduto.
Due riflessioni post match, la prima doverosa, la seconda scontata: 1) benché spesso troppo avventatamente criticato, l’apporto di Pjanic nella cucitura del gioco e nel dare ordine alla manovra è fondamentale: per la gestione della palla, per il rendimento di Khedira che in coppia con il bosniaco è libero da compiti di impostazione, per i cambi-gioco negli allargamenti sulle fasce, per il raccordo tra centrocampo e attacco e tra centrocampo e difesa; 2) l’importanza di avere in rosa un campione come Higuain la si nota sempre: quando combatte per tutti i 90 minuti, quando fornisce il proprio indispensabile contributo anche senza segnare e quando entra a partita in corso e toglie le castagne dal fuoco. Tradotto, fuoriclasse imprescindibile come lo è stato Michel Platini, la cui presenza in tribuna allo Stadium illumina i cuori di noi quasi cinquantenni.
Fallito il primo match-point per lo scudetto, i bianconeri proveranno a chiudere la pratica campionato domenica prossima, nel posticipo serale contro la Roma allo stadio Olimpico. Nel frattempo, testa e concentrazione alla semifinale di ritorno con il Monaco, partendo dal 2 a 0 conquistato nel Principato. Obiettivo Cardiff, c’è una finale ancora tutta da conquistare.
FINO ALLA FINE!!!! FORZA JUVE!!!!