Cardiff, National Stadium of Wales, finale di Champions League, sabato 3 giugno 2017. Ora si può dire, ora si può giocare, adesso si può pensare e sperare di vincerla, la coppa dalle grandi orecchie. Non sarà per nulla facile, contro un Real Madrid (al netto di improbabili sorprese) campione in carica e detentore di ben undici successi nella massima competizione per club di calcio internazionale. Ma, indipendentemente da come andrà a finire, della Juve, di questa Juve, serberemo tutti quanti un ricordo nitidissimo. L’immagine di una squadra determinata, disposta al sacrificio, consapevole dei propri mezzi, con una rinnovata identità europea, dalle potenzialità tecniche enormi, riconoscibile nella propria duttile fisionomia tattica. Chapeau ad Allegri e a tutto il suo team, al gruppo dirigente, alla rosa di giocatori che hanno costruito con dedizione, competenza e impegno un percorso sportivo che ha del sensazionale.
C’era una semifinale di ritorno da disputare, partendo dal vantaggioso risultato di 2 a 0 conquistato allo Stade Louis II di Monte Carlo. C’era da tenere alta la concentrazione, bisognava gestire e controllare, neutralizzare sul nascere le residue speranze dei monegaschi, guardare oltre, puntare l’obiettivo finale superando l’ultimo fastidioso ostacolo. La Juve ce l’ha fatta, dimostrando sul campo di meritare la vetrina di Cardiff.
Stessa formazione di una settimana fa, un 3-4-3 con il trio Barzagli, Bonucci e Chiellini in difesa davanti a Buffon, Dani Alves e Alex Sandro larghi sulle fasce e pronti a ripiegare in fase di non possesso, Pjanic e Khedira in mezzo al campo, Dybala tra le linee sulla trequarti con Mandzukic a sinistra e Higuain terminale offensivo. Modulo variabile, che in fase di spinta porta Dani Alves sulla linea dei trequartisti, e in azioni di copertura arretra i due esterni a irrobustire la retroguardia. Formazione collaudata che dura tuttavia pochi minuti, a causa dell’infortunio muscolare al flessore che costringe Khedira ad abbandonare presto il terreno di gioco sostituito da Marchisio. L’inizio è tutto del Monaco, che prova a sorprendere i bianconeri arrivando a cogliere un palo dopo soli quattro giri di lancette. Tuttavia, l’assedio dei ragazzi di Jardim dura appena un quarto d’ora, poi la Juve prende le distanze e inizia a macinare gioco creando diverse palle goal senza riuscire a sbloccare il risultato, fino a quando poco dopo la mezzora è Mandzukic, su uno splendido assist di Dani Alves, a incornare di testa e ribadire in rete sulla respinta miracolosa del portiere.
Da quel momento in avanti è di fatto un monologo bianconero, con le occasioni sfumate di un soffio di Pjanic e Dybala che vanno ad aggiungersi a quelle (di Higuain e dello stesso Mandzukic) create prima che il risultato arridesse ai Campioni d’Italia. Azioni di ripartenza, esattamente come Allegri le aveva preparate e confezionate a tavolino prima della gara; occasioni importanti, che hanno permesso ai bianconeri di presentarsi spesso a tu per tu con l’estremo difensore avversario, mancando il bersaglio grosso per una questione di centimetri, per gli interventi d’istinto del portiere o, come nel caso del Pipita, per aver cercato il pallonetto piuttosto che il tiro di potenza a spaccare la porta. Nella rete del vantaggio juventino c’è tutta la filosofia dell’impostazione tattica della serata: l’azione parte da Buffon che lancia nello spazio Alex Sandro, il quale cede palla sulla trequarti a Dybala che duetta con Pjanic che invita al cross Dani Alves, il cui delizioso assist viene sfruttato al meglio da Mandzukic. Azione da playstation e Cardiff ormai a un passo. Tema tattico chiaro, agire di ripartenza, giocare la palla di prima in velocità, sfruttare l’abilità di Dybala tra le linee, allargare il gioco sugli esterni.
Ottenuto il vantaggio, non c’è altro da fare che chiudere i conti. La Juve sente l’odore del sangue dell’avversario cosicché, allo scadere della prima frazione, è lo stesso Dani Alves, con una botta al volo dai trenta metri, che suggella il risultato e infila l’ombrellino sul suo personale long drink coronando una prestazione individuale di assoluto spessore. Rete, partita, incontro. Nel secondo tempo la sfida è poco più di un’amichevole, la Juve rallenta il ritmo, il Monaco accorcia le distanze con il gioiellino Mbappé in mischia su calcio d’angolo, e poi poco nulla, se si eccettua un brutto fallo dell’ex granata Glik su Higuain, che accende gli animi e rende inutilmente nervoso l’ultimo scorcio di una partita ormai senza storia.
Dinamo Zagabria, Siviglia, Lione, Porto agli ottavi, l’impresa Barcellona ai quarti, Monaco in semifinale: questo il percorso verso il Galles, con soli tre goal al passivo e una maturazione andata via via crescendo dopo ogni gara. La ricorderemo per sempre questa Juve, che domenica nel posticipo serale di campionato avrà il compito di strappare quel punticino che vale il sesto scudetto di fila nonché 35esimo nel computo totale, e che il 17 maggio disputerà la finale di Coppa Italia, sempre all’Olimpico di Roma, contro la Lazio di Simone Inzaghi. Prima dell’ultimo atto, del momento più atteso, di quel sogno che manca da 21 anni, da quel 1996 quando fu Vialli ad alzare la coppa sotto il cielo romano. Sognare è lecito, sperare è doveroso, crederci è giusto. Come da tradizione, indosserò la divisa completa nelle due finali: la Storia e la Leggenda sono a un passo. Andiamo a prenderci quello che ci spetta!
FINO ALLA FINE!!!! FORZA JUVE!!!!