Nel Treccani, per estensione, scusa, pretesto o giustificazione. Inutile cercarne, per la Juve, di alibi. La formazione di Allegri ha ceduto alla Lazio l’intera posta in palio allo Stadium, per oggettivi meriti guadagnati sul campo dai ragazzi di Simone Inzaghi. Al di là dell’incredibile traversa di Higuain quando il risultato sorrideva ai bianconeri, del palo di Dybala e del rigore sbagliato dallo stesso argentino ai titoli di coda che sarebbero valsi il pareggio. La Lazio ha confermato un ottimo impianto di gioco, ha interpretato la sfida nel migliore dei modi dal punto di vista tattico, ha occupato gli spazi, ha lottato su ogni pallone, ha difeso con intelligenza grazie alle puntuali ed efficaci marcature preventive predisposte dal suo allenatore. Sempre in anticipo sulle seconde palle, abile nel trovare le giuste verticalizzazioni con Immobile ad inserirsi nello spazio (un tempo occupato da Beckenbauer) lasciato libero tra Chiellini e Barzagli, audace e coraggiosa nel giocare a viso aperto mostrando consapevolezza nei propri mezzi e grande maturità nel gestire i tempi della partita. La Juve, al netto del dazio pagato alla mala sorte, ha denunciato ancora una volta limiti caratteriali nonché lo stato di forma precaria di alcuni uomini chiave: Higuain e Douglas Costa (distante dall’inserimento nei meccanismi di squadra dei bianconeri) su tutti. Illusorio il vantaggio iniziale: i biancocelesti, sul piano tattico, hanno praticamente dominato la gara, meritando i tre punti. C’è un elemento, nella costruzione della manovra juventina, che evidenzia tutto il disagio di un equivoco tattico ancora irrisolto. In fase di impostazione da dietro, il pallone viaggia sempre in orizzontale, da destra a sinistra e viceversa, prima che l’uomo deputato a dettare i tempi (Bentancur o Pianjc) scali indietro di una posizione e si incarichi di dare il via all’azione. Capita che dell’incombenza di portare palla avanti se ne occupi Chiellini (o Barzagli), ma nei fatti è venuta meno l’opzione del lancio lungo a scavalcare il centrocampo o dello scarico sulle fasce partendo dalla mediana. In sostanza, si perde un tempo di gioco e, come se non bastasse, spesso il regista di centrocampo viene marcato a uomo dagli avversari. Maledetto Beckenbauer… Ora, che la Juve non vinca dopo 6 scudetti di fila ci può stare, ma che a nessuno venga in mente di sollevare alibi da “fine ciclo”! La rosa a disposizione di Allegri è competitiva al massimo, in ogni ruolo esistono tre alternative, il livello tecnico rispetto agli anni passati è enormemente più alto. I cicli terminano quando gli interpreti, dopo aver vinto tanto, accusano appagamento e logorio psico-fisico (l’Inter post Mourinho, per esempio); non è il caso dei bianconeri, che fatta eccezione per alcuni storici senatori, hanno rivoluzionato l’organico non soltanto rispetto a sei anni fa, ma anche all’anno scorso, irrobustendosi sul mercato e investendo tanti denari. Strana materia il calcio… (affermazione che sottende a un alibi…).
Zero alibi anche per la Roma, nonostante i due legni colpiti da Fazio e Kolarov. Il Napoli, senza strafare, ha espugnato per la seconda volta in stagione lo stadio Olimpico, allungando a +5 in vetta alla classifica. La squadra di Sarri tiene benissimo il campo, fa del possesso palla prolungato la sua arma migliore, primeggia sulle corsie esterne e copre bene in difesa. Al momento, senza alcun dubbio, la migliore formazione di serie A. Se tanto di dà tanto, cioè se il Napoli è nettamente più forte sulla carta di tutte le altre eccetto la Juve (che, mi ripeto, come organico non ha rivali), la corsa verso lo scudetto dovrebbe essere quasi scontata. Un paio di dubbi: il primo riguarda la profondità di organico dei partenopei, la seconda la tenuta atletica. Insigne e soci hanno iniziato in anticipo la preparazione per via del preliminare di Champions: riusciranno a mantenere questi ritmi fino alla fine?
L’Atalanta dei miracoli viene schiacciata in terra genovese dalla Samp, dopo essersi portata in vantaggio; il Crotone mette sotto il Toro ma si fa raggiungere per ben due volte sul pari; il Genoa veste i panni del corsaro e vìola il campo del Cagliari; facile recriminare e cercare alibi: i bergamaschi hanno accusato un cedimento strutturale stile Ferrari di Vettel, i calabresi hanno commesso l’errore di considerare troppo presto già archiviata la gara contro i granata, i sardi troppo tardi si sono resi conto che il risultato poteva essere recuperato.
Ora l’attenzione si sposta sul derby della Madonnina: l’Inter, padrone di casa nella circostanza, cerca la vittoria per isolarsi al secondo posto in classifica; il Milan prova a scacciare i fantasmi dopo due sconfitte consecutive. Spalletti contro Montella, l’uomo della provvidenza contro l’aeroplanino incapace di far decollare i rossoneri. Bauscia contro Casciavit. Benvenuti a Chinatown.