E’ stata una settimana urticante, e continua ad esserlo. Di quelle che inizi a grattarti e non riesci più a smettere. Per me, in verità, nel senso più autentico del termine, visto che un’improvvisa reazione allergica mi ha spedito al Pronto Soccorso con una seria eruzione cutanea causata dall’intolleranza ad un banale medicinale a base di erbe. Come dire, il danno oltre alla beffa: intanto perché sono ostile e refrattario ai farmaci, non li assumo se non dopo il parere unanime di un conclave di esperti che mi diagnostica l’ormai imminente fine-vita; in più, essendo un soggetto allergico a diverse piante selvatiche, come se ciò non bastasse mi sono lasciato convincere a prenderne uno a base di erbe! Me la sono cercata, un po’ come Massimo Troisi nel film “Le vie del Signore sono finite”, quando decise di proporre in epoca mussoliniana al fascistissimo Ministero della Salute, due unguenti: il primo leniva gli effetti della stanchezza e del sacrificio (in un Paese dove il sacrificio veniva esaltato a massima forma di virtù, amore per la Patria ed eroismo), mentre il secondo favoriva la miracolosa ricrescita dei capelli anche in soggetti affetti da calvizie irreversibile e, pertanto, psicologicamente turbati e socialmente in soggezione (e, mentre il grande Massimo ne illustrava le magnifiche doti terapeutiche, alle spalle della scrivania dietro la quale il gerarca di turno lo ascoltava impettito, la foto della capoccia calva e lucida del Duce lo ammoniva con aria truce e minacciosa).
Disavventura personale a parte, la settimana urticante ha avuto il suo picco nella canonica kermesse annuale del Festival dei fiori. Nel senso che, forse per abitudine o forse per consueta vocazione alla critica spesso gratuita, in tanti si sono espressi con giudizi feroci e aggettivi irripetibili sulla manifestazione canora. Sarò controcorrente, o come qualcuno mi ha fatto notare “sarà forse perché è storia, sarà forse perché invecchio” (pigliando in prestito le strofe di Guccini), ma a me, contrariamente al solito, quest’anno Sanremo sta piacendo. Trovo molto professionali la Hunziger e Favino, mai impacciati, ironici e padroni del ruolo, bravi perfino a cantare, intrattenere e ballare. Di Baglioni c’è poco da dire, un mostro della musica italiana, un paroliere formidabile nel suo genere (che può piacere o meno, ma tant’è), un timbro vocale unico e inimitabile: resto convinto che ogni canzone, quando interpretata dal cantautore del quartiere Montesacro, assuma quell’originalità e quel calore che la fa apparire musicalmente gradevole. Per dire, provate a far cantare a Baglioni un testo di Gigi D’Alessio e, come per incanto, diventa bello e intrigante. Insomma, tante critiche snob o radical chic sul festival e sul suo attuale direttore artistico, mi sono apparse dettate più dalla voglia di mantenere distanze elitarie che non di merito sugli effettivi contenuti proposti.
Da qui il surplus di orticaria. Poi, per carità, altre e più importanti situazioni hanno sviluppato quel senso di diffuso prurito che continua a tormentarmi, nonostante dosi massicce di cortisone. Un folle inizia a sparare all’impazzata contro ogni extracomunitario che gli capita a tiro, e sui social o per strada, con tanto di striscione a Roma, gli si dimostra vicinanza, condivisione e solidarietà. Ma come siamo diventati? E, soprattutto, cosa siamo diventati? E’ chiaro che poi inizi a grattarti a sangue!
Ancora: si esprime tutto il disgusto possibile per l’africano che sembrerebbe (il condizionale non è usato a caso) aver ammazzato e fatto a pezzi Pamela, salvo poi non pronunciarsi sull’italianissimo signore dalla pelle bianca che, dietro corresponsione alla ragazza di una banconota da 50 euro (la cui destinazione d’uso era finalizzata all’acquisto di eroina) ha abusato di lei poco prima che venisse trucidata. Il vantaggio del signore in questione è da attribuire, senza ombra di dubbio, al colore della sua pelle. Stesso discorso per il tranviere di Milano, viso pallido anche lui, che per futili motivi legati ad una avances sessuale non andata a buon fine, ha accoltellato a morte Jessica cercando di occultarne il corpo. Sono pronto a scommettere che se il tizio in questione fosse stato originario del Burkina Faso, le reazioni dei giustizialisti a convenienza sarebbero state altre: manifestazioni di piazza e spari da Far West.
Poi, com’è da sempre, ci sono violenze di serie A e di serie B: chi dopo aver fatto fortuna da diva le denuncia a distanza di anni, e chi, da stracciona, muore dannata all’istante.
Ma siccome il desiderio di grattarsi è implacabile, occorre qualcosa che ne giustifichi ancor di più la foga. Capita, dunque, a fagiolo la notizia della squadra dilettantistica di ciclismo, composta da ragazzini appena maggiorenni, costretti da presidente e dirigenti a doparsi per ottenere migliori performances sportive. Un bell’esempio, non c’è che dire, oltre al fatto che uno di quegli atleti, appena ventunenne, ci ha lasciato le penne per infarto.
Non soddisfatto della mia compulsiva attività grattatoria, ho pensato di mitigare l’orticaria con una vera e propria full immersion nella lettura delle dichiarazioni elettorali di gran parte degli aspiranti deputati/senatori al seggio parlamentare.
A quel punto, altro che “gratta e vinci”: ho finito per grattarmi i coglioni…