C’è un tempo sospeso. Anzi no, ci sono luoghi sospesi in un tempo bloccato. Dove l’erba, le pietre, gli alberi, l’aria, trasmettono sensazioni immutate e immutabili. Dove il silenzio è carico di suoni, di sospiri, di voci, di lamenti. E le pareti degli edifici bassi, lunghi e stretti restituiscono volti, immagini, visi rassegnati e fisici provati dalla sofferenza, dall’incredulità, dalla rassegnazione. C’è una vita offesa, oltraggiata, mortificata da un orrore che non conosce ragione, non trova comprensione, non ammette compassione. Si odono grida, si scorgono umiliazioni, si assiste impotenti allo scorrere di esistenze falsate da una routinaria anormalità. Quella terra, quei campi, quelle montagne hanno assistito impotenti e attoniti alla più atroce delle tragedie che l’animo umano abbia potuto perpetrare nel corso della sua storia. Non c’è redenzione, non esiste giustificazione, non è tollerata alcuna indulgenza. Tra quelle tristi mura si sono consumate vite considerate inutili, si sono celebrati matrimoni, sono venuti alla luce dei bambini, gli artigiani hanno lavorato, gli scrittori hanno vergato pagine di esistenza, gli sportivi si sono allenati, i medici hanno curato e studiato. Provando a vivere e illudendosi di farlo. Una normalità apparente e forzata in un luogo dove il senso profondo dell’umano rispetto era stato cancellato, distrutto, sospeso. Poco conta che tra i tanti campi di concentramento, Ferramonti di Tarsia non era considerato punitivo. E’ il concetto, il senso della misura di detenzione, la privazione della libertà che ne fanno un luogo simbolo di disperazione. Quante storie, intrecciate tra loro dalla deportazione nazifascista, unite da una connotazione etnica e politica, ebrei e comunisti, slavi e anarchici, oppositori del regime, antifascisti, semplici dissidenti. La luce del sole illumina con gli ultimi tenui bagliori la fine di un altro giorno. Esattamente come fino a 73 anni fa. Una rincorsa tra notte e giorno senza significato, priva di senso e futuro. Tra poco sarà buio, e il silenzio urlato di quel luogo sospeso in un tempo bloccato continuerà a lacerare con lamenti e grida la coscienza del tempo che è stato e di quello che verrà. Ininterrottamente. Per l’eternità.