Ci sono notti che sembrano destinate a scrivere pagine di storia. Notti in cui non riesci a contenere l’emozione, notti la cui essenza è racchiusa in una molteplicità di situazioni che, come un puzzle, vanno a comporre il disegno perfetto. C’è un monaco che corre felice sul rettangolo verde, una squadra di calcio impazzita dalla gioia, tifosi ululanti sugli spalti, gente che canta a squarciagola, che urla, che non riesce a trattenere la commozione; 18mila persone in preda al delirio, quasi senza voce, gli occhi lucidi. Ci sono notti impossibili da descrivere se non attingendo ai sentimenti, perché in certe situazioni è la “pancia” che esprime le emozioni più profonde. Ci sono notti, queste notti, fatte apposta per essere confezionate di aneddoti e raccontate, più in là, a figli e nipoti. Con l’orgoglio puro di poter dire “io c’ero, quella notte, al San Vito-Marulla”.
18mila e passa, roba che nemmeno in serie B e, non di rado, difficile da registrare anche in A. Uno stadio interamente rossoblu, un delirio collettivo, un’euforia contagiosa. Una scarica elettrica che attraversa tutti, che scuote, che genera una vibrazione di energia positiva, che sprigiona entusiasmo. No signori, non è la Champions League, ma ci assomiglia molto.
Un primo tempo tatticamente bloccato tra Cosenza e Sud-Tirol, nella semifinale di ritorno playoff di serie C. Due squadre sistemate in campo in maniera speculare, 5-3-2 in fase di non possesso che diventa 3-5-2 in proposizione, Okereke e Tutino troppo schiacciati sulla linea d’attacco, manovra prevedibile con lo scarico sulla destra e, insomma, nessuno tra le linee a far gioco e creare superiorità numerica. I tirolesi, forti del risultato dell’andata, controllano con attenzione e senza particolare difficoltà la sterile manovra dei lupi. Nella ripresa cambia tutto. L’ingresso in campo di Baclet e l’arretramento tra le linee di Tutino scompaginano i piani del Sud-Tirol. La prima punta di ruolo del Cosenza diventa materia di complicata lettura per la retroguardia ospite, stretta sotto assedio dal forcing rossoblu. Prima il vantaggio di Baclet, i lupi sentono l’odore del sangue e insistono fino a quando all’ultimo respiro nei minuti di recupero, con i tempi supplementari che sembravano cosa inevitabile, il colpo del ko di Baclet (deviato da Frascatore) lancia il Cosenza verso la finale di Pescara. Alain Baclet man of the match, “quello visto col Mojito a piazza Fè”: per restare in tema di cocktail, il 2 a 0 è l’ombrellino sul long drink di una gara da incorniciare.
Il pubblico impazzisce, il monaco corre sul prato, i tifosi intonano cori, i giocatori festeggiano. Il delirio, alla fine, è davvero collettivo. Pescara è più vicina, adesso. E con essa, il sogno di riallacciare i fili di una storia bruscamente interrotta un po’ di anni fa è a portata di mano.
Notte da festeggiare, da consegnare alla leggenda, da raccontare, tra una decina d’anni e forse più, a figli e nipoti. Notte da lupi!