Chiariamo subito un concetto: non è una partita di calcio. E, di conseguenza, non è una finale. Non ci si gioca la promozione in serie B, né il prestigio di rientrare nel cosiddetto calcio che conta dopo anni di inferno tra fallimenti, doppie squadre, serie D, delusioni, mortificazioni e bocconi indigesti mandati giù a stento. Il Cosenza a Pescara, contro il Siena, gioca per la città più che per se stesso; e lo fa per affermare l’identità culturale di una realtà distante dai consunti e generalizzati luoghi comuni troppo spesso utilizzati per descrivere quei luoghi di vita ubicati a certe latitudini meridionali.
Cosenza è città diversa, che negli anni ha accentuato le distanze per stili di vita, idee e propensioni dagli altri capoluoghi calabresi, caratterizzandosi come avanguardia culturale di un sud che vuole crescere pur tra mille oggettive difficoltà. Coniugando tradizione e modernità, offrendo un modello di esistenza dal quale trarre linfa vitale per stimolare creatività e speranza. La sfida di Pescara sarà l’occasione per sancire tutto questo.
In Abruzzo scenderanno in campo il Duomo del 1200, il Ponte di Calatrava, i quartieri popolari, il museo all’aperto di Corso Mazzini, i troppi giovani disoccupati in cerca di lavoro e riscatto sociale, il nostro dialetto, i tanti personaggi che hanno reso celebre Cosenza, Totonno Chiappetta, Mario Gualtieri, gli avvocati Peppino Mazzotta e Tommaso Sorrentino, Giacomo Mancini, e poi Gigi Marulla e Denis Bergamini, il centro storico, il Castello Svevo, la Villa Vecchia, i Tredici Canali, Piazza Bilotti, Bernardino Telesio, Fausto Gullo. E ancora, la Piazza Kennedy che fu, De Marco-Ciardullo, Conzativicci, la Terra di Piero, Piero Romeo, gli ultras rossoblu, le battaglie civili, radio Ciroma, l’alternativa, i sette colli, l’accoglienza agli immigrati, l’Oasi Francescana, Padre Fedele, i palazzi storici, i musei, il teatro Rendano. Le interminabili “vasche” sull’isola pedonale, l’Arenella, Portapiana, i tanti quartieri ricchi di storia, gli Archi di Ciaccio, la Fontana di Giugno, la Fiera di San Giuseppe, Via Popilia, Carduchianu, i Rivocati e Serra Spiga. Parrasio e Campanella, la Sila, “ma tu a canusci a gente”, i lupi, “ohi frà”, i “cuddruriaddri e i turdilli”, il Crati e il Busento, Alarico e Federico II, “a Papuasia”, la Stauroteca, “cum’è? Tutt’a ppò?”, e via dicendo.
Per tutto questo, e tanto altro ancora, Cosenza-Siena è “Mes que un match”, per parafrasare il motto che caratterizza il Barcellona (“Mes que un club”). Non è solo un partita di calcio, non si esaurisce nell’evento sportivo in sé, ma diventa piuttosto un’occasione straordinaria che serve a rafforzare identità, orgoglio d’appartenenza e un legame indissolubile con le nostre radici.
Andiamo a vincere!!!