Paolo Borsellino e Gigi Marulla non avevano nulla in comune. Il primo era un giudice, il secondo di mestiere faceva il calciatore. Sono morti il 19 di luglio, in circostanze diverse ma per entrambi drammatiche. Niente che li accomunava, nessun elemento di congiunzione, se non l’onestà e la passione di “uomini giusti”, qualità non comuni che hanno tramandato a chi ha avuto la fortuna di conoscerli e amarli. Il 19 luglio di ventisei anni fa faceva caldo, come pure il 19 luglio del 2015. La notizia improvvisa della loro tragica scomparsa ebbe un effetto dirompente, deflagrante, inaspettato. Una bomba mafiosa e un malore improvviso stroncarono l’esistenza di due personaggi che, in maniera diversissima, ebbero la capacità di infondere speranza, di rendere orgoglioso un popolo, di ergersi ad emblema di una vasta e appassionata collettività. Non deve apparire irriverente il paragone, perché non si tratta di un paragone. E’ semplicemente il ricordo che in maniera tragica, nello stesso giorno seppur a distanza di molti anni l’uno dall’altro, ci porta a commemorarne la figura. Perché tutti quegli uomini che in vita, indipendentemente dal ruolo che hanno ricoperto, hanno avuto il merito di essere punti di riferimento, elementi di valore in grado di stimolare sentimenti positivi, siano stati essi portatori di giustizia e onestà nel combattere la mafia o nel tirare calci a un pallone, meritano il giusto riconoscimento. Puoi ricordarli con l’atteggiamento irreprensibile di chi si oppone al potere mafioso e politico, o con una divisa rossoblù cucita addosso, ma la percezione della loro umanità non presenta alcuna differenza. Non si tratta di stabilire chi esercitava la missione più importante, quale dei due era più conosciuto, chi passerà nei libri di storia, chi continua ad essere un simbolo per una nazione intera e chi “solo” per una città. Non bisogna stilare classifiche di merito o gradi di importanza. E’ il ricordo che afferma l’immortalità di un individuo, la capacità che la memoria ha di fissare un’immagine, un sorriso, un’espressione. Diceva Nelson Mandela, del quale giusto ieri è ricorso il centenario della nascita, che “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”. Forse è proprio questa la definizione più adatta per ricordare Borsellino e Marulla: due vincitori che seppero sognare, e che di sicuro non si arresero mai. Per questo continuano ad essere ricordati nei cuori di chi li ha amati.